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Questo articolo fu scritto nel 1958 da Corrado Trelanzi, discendente della prima moglie de Josè Gallegos y Arnosa

chiesa di Santiago - Jerez de la Frontera

A ROMA:

JOSE GALLEGOS Y ARNOSA

 

 

Josè Gallegos nacque a Jerez de la Frontera il 3 maggio 1857. Suo padre era commerciante di vini nel paese classico della produzione del famoso Xeres. Il fiorente commercio paterno non piaceva a Josè Gallegos, che preferì recarsi a Madrid ed iscriversi all’Accademia di Belle Arti, dove seguì gli indirizzi della scuola di pittura di Mariano Fortuny, morto Roma nel 1874 [a ricordato da una lapide posta in Via Flaminia n. 122, su di un muro dell’antica vigna Riganti, ormai fatiscente, destinato all’abbattimento]. 

 

In età molto giovane, Gallegos soggiornò a Tangeri, dove eseguì interessanti studi di ambiente africano che, successivamente esposti in una “personale” di pittura e disegni all’Accademia di Madrid, ebbero lusinghiera critica e favorirono l’affermazione del giovane artista. A Tangeri compose, tra l’altro, un grande quadro dal titolo “I1 bottino di guerra”, che oggi si trova alla Galleria d’Arte Moderna della città di Buenos Aires. 

 

Per scopo di studio venne verso il 1884 a Roma, luogo che in quell’epoca richiamave artisti da tutti i paesi. A Roma operò fino all’età di 60 anni, lasciando la vita il 20 settembre 1917 a Nettuno, dove si trovava per un periodo di riposo dopo grave malattia. 

 

 

José Gallegos sposò nel 1887 Giuseppina Trelanzi, milanese di nascita, che viveva a Roma presso una zia: dalla cara e bella consorte ebbe quattro figli, tuttora viventi. Questa gentile creatura morì nel 1897; il vedovo si risposò con una gentildonna inglese, Constance Harding, dalla quale ebbe altri 5 figli, di cui due viventi. 

 

Il pittore lavorò a Roma molto intensamente e con buon guadagno. I suoi quadri venivano immediatamente venduti tramite abili intermediari che li collocavano soprattutto in Germania, Francia, e Inghilterra, paesi nei quali i lavori di Gallegos trovarono largo interessamento e accoglienza per tanti anni. Da ogni quadro il pittore realizzava tra le 2 e le 4,000 lire, e ciò fino al 1915 quando la guerra bloccò il mercato tedesco e successivamente gli altri. Tanto per dare un’idea dell’odierna valutazione delle opere di questo artista, diremo che in un’asta tenutasi a Londra nel 1958 il suo olio qui riprodotto, dal titolo “Nella Cattedrale di Siviglia” fu acquistato dauna noto collezionista per la somma di 3.800.000 lire. Il grande giornalista Hearst volle avere un quadro di Gallegos per la sua nota collezione: tale quadro vi figura tuttora e rappresenta una donna vestita in costume andaluso, in preghiera nella chiesa inferiore di S. Francesco in Assisi. Per Assisi, Gallegos aveva un affetto particolare: Ia religiosità e la trauquillità del luogo (ormai purtroppo perduta!) lo ispiravano e lo eccitavano a produrre a ritmo serrato. Ogni anno passava qualche settimana nella città di S. Francesco in compagnia dell’eccellente scultore, ed anche pittore, Mariano Benlliure, suo conterraneo. Con questo e con i connazionali Salinas (Pablo e Agostino fratelli), Villegas, Poveda (ottimo acquarellista), Barbasan e Barbudo, il Gallegos costituiva in quell’epoca la rappresentanza più eletta degli artisti spagnoli in Italia.

Il nostro pittore ebbe vita facile: guadagnava bene, perché produceva senza sosta e prontamente vendeva; sicché, al contrario della maggior parte dei suoi colleghi di allora, italiani e stranieri, non conobbe mai difficoltà finanziarie. Aveva una ricca abitazione, prima al Babuino, poi nel Palazzo Bachetoni in Corso Umberto, e infine nel bel palazzetto della Civiltà Cattolica a Ripetta angolo Via Brunetti, oggi dell’INAIL. Si costruì anche un grazioso e vasto villino ai Parioli, non lontano dall’attuale Piazza Ungheria, allora aperta campagna e luogo considerato di villeggiatura. Aveva carrozza e cavalli e sempre 3 o 4 cani di razza per la caccia, della quale era appassionatissimo.

 

 Al n. 54 di Via Margutta Gallegos possedeva un grande studio con belle cose antiche e ricche decorazioni. L’ambiente aveva due finestre, sul Collegio S. Giuseppe e verso il Pincio. [Oggi questo studio è occupato da un pittore americano]. A lui confinante fu per alcuni anni la dimora del musicista Francesco Paolo Tosti con la moglie, una inglese entusiasta di Roma. Le più belle modelle erano stipendiate dal pittore a 5 lire al giorno, con obbligo di rimanere nello studio, lavorassero o no, per un certo numero di ore durante la giornata. Queste avvenenti ragazze, talune delle quali contrassero poi fortunati matrimoni, davano un tono di grazia e di civetteria all’ambiente severo e carico di ornamenti, tipico della tradizione spagnola.

Non molti avevano accesso allo studio: i famigliari, qualche buon amico, rari personaggi. Di carattere altero e piuttosto freddo, Gallegos disdegnava la reclame e l’esibizione: sicché rarissimo era vederlo in ricevimenti mondani, anche se dati dalla rappresentanza diplomatica del suo Paese, o in feste bandite allora con tanta frequenza e successo dagli artisti operanti in Roma, specie in occasione del Carnevale. Schivo era pure dal partecipare ad esposizioni ed a mostre: nelle pochissime in cui fu presente raccolse consensi e premi. Una medaglia d’oro gli fu conferita personalmente dall’Imperatore di Germania per un quadro presentato in una esposizione internazioniale d’arte tenutasi a Berlino nel 1891. 

 

Uomo di gusti raffinati, elegante e ricercato nel vestire, taciturno, onesto e indefesso lavoratore, aveva quattro grandi amori che lo accompagnarono fino alla morte: Roma, la famiglia, la pittura, la caccia. La sua produzione, vastissima, é sparsa per tutto il mondo. La Galleria d’Arte Moderna di Madrid ha in esposizione permanente un suo quadro; i figli e la vedova Constance hanno ancora qualcosa di lui. Tempo fa un noto collezionista tedesco, aveva in animo di organizzare una mostra postuma per onerare questo eccellente artista, ma poi ne fu dissuaso per la difficoltà di reperire un sufficiente numero di lavori. 

 

Come conclusioni critiche, diremo che la natura spagnola di questo pittore si rileva nella esuberanza delle composizioni, nella ricchezza del contenuto, nel tono caldo che dominano ogni opera. Attratto agli inizi della sua vita artistica dall’impressionismo francese, come è testimoniato da pochi lavori giovanili ancora reperibili in famiglia, Gallegos fu ricondotto dal clima artistico ilaliano e dai contatti con celebri pittori dell’epoca (Mancini, Michetti e altri) al suo vero sentimento, dominato dalle tradizioni e dalla religiosità della sua terra e non immemore della prima formazione del suo gusto a Madrid. I soggetti che egli predilesse e illustrò — interni di celebri cattedrali spagnole, di costruzioni moresche, di chiese italiane barocche; processioni religiose; movimenti di masse nei quali i costumi hanno il sopravento in uno sfarzo di giochi di luce – confermano la solidità e la personalità delle doti architettoniche e scenografiche del pittore, congiunte alla padronanza di una efficacissima tavolozza e di un pennello quanto mai sicuro che egli si compiacque anche di far divagare in dettagli con rara abilità di miniaturista di gran classe.

 

Ricordare Josè Gallegos è andare col pensiero ad un artista che di Roma sentì tutto il fascino e amò Roma come un figlio, con la passione che può scaturire dalla sensibilità di un nobile animo spagnolo.

CORRADO TRELANZI